mercoledì 13 novembre 2013
venerdì 26 luglio 2013
ATTACCO ALLA COSTITUZIONE: NON VI AZZARDATE!
Forse non è un caso che l’attuale disegno di legge costituzionale che vorrebbe imporre nuovi modi e tempi per modificare la Costituzione, sia contrassegnato da un numero, l’813, che è costituito dalle stesse cifre, messe però in successione diversa, dell’articolo 138 della Costituzione che ha regolamentato finora le forme con cui possono essere realizzate le suddette modifiche, garantendo che la stessa carta costituzionale non venga stravolta nel suo impianto fondamentale.
Caso o non caso, sta di fatto che è in corso l’attacco alla nostra carta fondamentale forse più aggressivo che mai si sia visto da quando è entrata in vigore.
Sicuramente non è un caso, invece, che usiamo il termine “attacco” anziché altri termini come “modifica”, visto che non riteniamo la Costituzione una carta non migliorabile, soprattutto se tali cambiamenti andassero nel senso di favorire un avanzamento del livello di democrazia in questo paese.
Con un livello di improvvisazione degno di una classe politica lontana mille miglia, in termini di autorevolezza e capacità di rappresentare la volontà del popolo, da quella che elaborò una Costituzione nata dalla resistenza al nazi-fascismo, si vorrebbero modificare le forme di Stato e di Governo in senso presidenzialista, accentrando anziché decentrando il potere, andando cioè nel senso esattamente contrario all’evoluzione di una democrazia da formale a reale.
Si pensi solo a questo aspetto: le modifiche alla Costituzione sono state previste sulla base di una valutazione ben ponderata da parte di un Parlamento in cui, tramite una legge elettorale proporzionale pura, tutti i cittadini votanti sono rappresentati, senza norme dopanti, come le soglie di sbarramento o i premi di maggioranza, inserite dalle strampalate modifiche apportate negli ultimi vent’anni.
Come può, quindi, un parlamento, da cui sono stati esclusi i rappresentanti di centinaia di migliaia di elettori e in cui sono stati artificialmente moltiplicati i seggi occupati da pochi partiti, avere il diritto di modificare una Costituzione che è nostra, cioè di tutti i cittadini?
Sembra proprio la tipica tattica di chi è talmente confuso da dimenticare, più o meno consapevolmente, che l’unica riforma che andava fatta con la dovuta sollecitudine era proprio quella della legge elettorale. Ma non qualsiasi riforma. Una riforma che, come prevede il sistema proporzionale puro, ridesse a tutti i cittadini la possibilità di veder rappresentate in parlamento le proprie posizioni.
In ogni caso e in conclusione, questo attacco alla Costituzione va fermato. Subito.
Non abbiamo alcun rispetto di chi attacca la Costituzione. E siccome quella Carta nacque perché ci fu una Resistenza partigiana, noi consideriamo chi attacca la Costituzione né più né meno come un fascista, qualunque sia la carica che ricopre all’interno delle istituzioni.
Parola di umanisti.
lunedì 12 marzo 2012
domenica 11 marzo 2012
martedì 18 ottobre 2011
IO C’ERO


IO C’ERO
STAVO CON GLI INDIGNATI NON VIOLENTI
Inizialmente era una manifestazione come tante con molti giovani, famiglie, anziani e molti disabili in carrozzina. C’erano anche partiti e sindacati con le bandiere (cosa che si era raccomandato di non fare). Comunque il clima festoso delle grandi manifestazioni.
Giunti a S. Giovanni la maggior parte del corteo andava a destra sui prati e alcuni andavano verso la statua di S. Francesco, luogo dove ci sarebbe stata l’assemblea degli indignati.
Mentre mi trovavo con gli indignati a S. Giovanni che stavano megafonando per invitare all'assemblea ci siamo seduti per iniziare. Passati 10 minuti vediamo gente correre e da quel momento si scatena l'inferno che corre si sentono sparare, forse bombe carta, spari vari e dall'altra fumogeni.
Ci siamo alzati e ci siamo compattati sotto la statua di S. Francesco con le mani alzate gridando “nonviolenza” e i carabinieri o comunque poliziotti avevano fatto una specie di cordone davanti a noi e molta gente veniva dalla nostra parte.
Durante questi minuti gruppi di incappucciati a volto coperto vestiti di nero passavano vicino a noi o cercavano di nascondersi dietro a noi, e nonostante noi li cacciavamo perchè con noi c'erano bambini e disabili loro continuavano a fare bliz fra i nostri.
L'odore dei lacrimogeni era incredibile non si poteva respirare, qualcuno fa allontanare velocemente bambini e disabili, noi restiamo per circa mezz'ora. I violenti ci avevano chiuso la possibilità di fuga dai giardinetti dove andavano per riposarsi e ricompattarsi, abbiamo cercato di dissuaderli, ma loro erano troppo gasati (in tutti i sensi) e non è stato possibile fare nulla.
Alcuni ci raccontavano che già in mezzo alla manifestazione alcuni vestiti di nero ancora con i volti scoperti si infilano a forza in mezzo alla manifestazione e a gruppi si spostavano per fare atti vandalici, spintonando altri manifestanti e prendendosela violentemente con chi cercava di fermarli.
Alla fine con un tamtam fra noi abbiamo deciso di spostarci a S. Croce in Gerusalemme una piazza a circa 500 m da dove eravamo e li con l'indignazione raddoppiata abbiamo fatto l'assemblea.
Il gruccio maggiore era che i mass media avrebbero sicuramente parlato solo di questi teppisti sicuramente organizzati (da chi?) senza parlare delle sacrosante motivazioni che aveva mosso la maggior parte della gente a scendere in piazza.
Alcuni indignados, in serata, sono poi stati intervistati da LA7 e si sono un minimo potuti esprimere.
Rosana
STAVO CON GLI INDIGNATI NON VIOLENTI
Inizialmente era una manifestazione come tante con molti giovani, famiglie, anziani e molti disabili in carrozzina. C’erano anche partiti e sindacati con le bandiere (cosa che si era raccomandato di non fare). Comunque il clima festoso delle grandi manifestazioni.
Giunti a S. Giovanni la maggior parte del corteo andava a destra sui prati e alcuni andavano verso la statua di S. Francesco, luogo dove ci sarebbe stata l’assemblea degli indignati.
Mentre mi trovavo con gli indignati a S. Giovanni che stavano megafonando per invitare all'assemblea ci siamo seduti per iniziare. Passati 10 minuti vediamo gente correre e da quel momento si scatena l'inferno che corre si sentono sparare, forse bombe carta, spari vari e dall'altra fumogeni.
Ci siamo alzati e ci siamo compattati sotto la statua di S. Francesco con le mani alzate gridando “nonviolenza” e i carabinieri o comunque poliziotti avevano fatto una specie di cordone davanti a noi e molta gente veniva dalla nostra parte.
Durante questi minuti gruppi di incappucciati a volto coperto vestiti di nero passavano vicino a noi o cercavano di nascondersi dietro a noi, e nonostante noi li cacciavamo perchè con noi c'erano bambini e disabili loro continuavano a fare bliz fra i nostri.
L'odore dei lacrimogeni era incredibile non si poteva respirare, qualcuno fa allontanare velocemente bambini e disabili, noi restiamo per circa mezz'ora. I violenti ci avevano chiuso la possibilità di fuga dai giardinetti dove andavano per riposarsi e ricompattarsi, abbiamo cercato di dissuaderli, ma loro erano troppo gasati (in tutti i sensi) e non è stato possibile fare nulla.
Alcuni ci raccontavano che già in mezzo alla manifestazione alcuni vestiti di nero ancora con i volti scoperti si infilano a forza in mezzo alla manifestazione e a gruppi si spostavano per fare atti vandalici, spintonando altri manifestanti e prendendosela violentemente con chi cercava di fermarli.
Alla fine con un tamtam fra noi abbiamo deciso di spostarci a S. Croce in Gerusalemme una piazza a circa 500 m da dove eravamo e li con l'indignazione raddoppiata abbiamo fatto l'assemblea.
Il gruccio maggiore era che i mass media avrebbero sicuramente parlato solo di questi teppisti sicuramente organizzati (da chi?) senza parlare delle sacrosante motivazioni che aveva mosso la maggior parte della gente a scendere in piazza.
Alcuni indignados, in serata, sono poi stati intervistati da LA7 e si sono un minimo potuti esprimere.
Rosana
sabato 1 ottobre 2011
LA FIERA DEI SORDI

LA FIERA DEI SORDI
Il conflitto sul destino dell’ex-Fiera di Roma
A febbraio 2012 verrà probabilmente bandita la gara per l’acquisto del complesso immobiliare dell'ex-Fiera di Roma. Coerentemente con l’aria di svendita dei beni pubblici che tira a livello nazionale, l’area di quella che fu la Fiera di Roma sarà ceduta ai privati. Un area di dimensioni non indifferenti: 73mila metri quadrati di proprietà, finora, di una Spa controllata al 48% dalla Camera di Commercio, al 27% dal Comune e al 24% dalla Regione Lazio e dalla sua controllata Sviluppo Lazio. In altre parole enti pubblici che vendono ai privati una grande area di pregio che si trova a soli 500 metri dal centro storico.
Il peccato originale, come è già successo tante altre volte, è stato commesso dall’amministrazione di centro-sinistra. Inizialmente sembrava prevalente l’ipotesi di trasferimento nell’area di nuovi uffici della Regione Lazio, poi è prevalsa l’ipotesi di una vendita ai privati con lo scopo di finanziare il completamento della nuova Fiera. La giunta Veltroni, poco prima di sciogliersi, approva in febbraio 2008 la variante urbanistica al nuovo piano regolatore, un piano che già prevedeva di far calare su Roma 70 milioni di metri cubi di cemento per un territorio di 15 mila ettari: in altre parole una nuova città più grande di Napoli.
Di quei 70 milioni di mc. di cemento, ben 288mila erano destinati alla Fiera di Roma; tutti questi mc di cemento non sarebbero mai potuti entrare, però, nell’area ad essi riservata se si fosse rimasti fedeli ai punti vincolanti del PRG, che prevedeva la destinazione del 50% dell’area a verde e spazi pubblici e la realizzazione di una struttura ludica denominata “città dei bambini”. Nella restante area si sarebbero potuti costruire poco più della metà dei 288mila mc. cubi previsti dal Comune.
Da qui la necessità di approvare da parte del Comune l’accordo di programma per la variante proprio per superare i vincoli imposti dal PRG.
Nel frattempo i cittadini del Municipio XI, dove si trova l’area della ex-Fiera, si mobilitano, si riuniscono in assemblee ed esprimono con forza il loro punto di vista. Si costituisce il comitato“Roma FIERAmente”, che nel 2007 incontra il Presidente del Municipio XI per chiedere informazioni sul processo partecipativo in atto e per conoscere l’orientamento del Municipio sul parere da dare riguardo al progetto dell’area dell’ex Fiera. Il comitato contesta il progetto, denunciandone la non sostenibilità in termini di traffico ed inquinamento che ne scaturirebbero in un’area già satura e gravata da altri progetti che aumentano il carico urbanistico della zona. Il timore principale è che la superficie effettivamente destinata a spazio pubblico sarà molto ridotta e non al servizio del quartiere. Sempre nel 2007, dopo una serie di incontri pubblici, il comitato consegna una “diffida” al Presidente della Regione Lazio, al Sindaco di Roma e al Presidente del Municipio XI.
Ma intanto il delirio affaristico dell’imprenditoria privata non conosce ostacoli e la politica connivente della amministrazione comunale è completamente sorda alle rimostranze dei cittadini. Il presidente di Fiera di Roma, Andrea Mondello, annuncia che al bando hanno manifestato interesse dodici cordate nazionali e internazionali associate a prestigiosi architetti dello starsystem internazionale, mentre la giunta comunale Veltroni, nella sua ultima riunione prima dello scioglimento, approva la delibera di variante urbanistica, non tenendo assolutamente conto di ciò che avevano espresso i cittadini, anche attraverso lo stesso Consiglio del Municipio XI.
La nuova giunta comunale targata centro-destra e capitanata da Alemanno trova, quindi, la strada già spianata e non sente assolutamente la necessità di far intervenire la politica, facendosi sostituire dai rappresentanti di gruppi di interesse, come d’altronde è costume ormai consolidato sia a livello nazionale che internazionale. Come succede a livello europeo, in cui chi decide sulla politica economica dei paesi non sono più i governi ma la Banca Centrale Europea i cui vertici non sono certo stati eletti dai cittadini europei, così a livello locale chi decide sulle trasformazioni urbane, su tempi e obiettivi, non sono i rappresentanti politici eletti dai cittadini ma i grandi gruppi di interesse che, nel caso specifico dell’ex-Fiera di Roma, sono soprattutto costruttori che non vedono l’ora di mettere la mani su un’area così vasta ed importante della capitale.
Gli unici a preoccuparsi sono ancora una volta i cittadini auto-organizzati che hanno anche elaborato le linee guida di un progetto di riuso presentato e consegnato alle istituzioni a settembre 2009. Un progetto in cui sono fissati alcuni paletti, come la realizzazione di edifici a corte che non superino i sei o sette piani – cioè l’altezza degli edifici circostanti già esistenti - e che mantengano la striscia di verde che caratterizza il lato destro della via Cristoforo Colombo in direzione centro. Inoltre non ci dovrà essere nessun aumento della cubatura esistente, la struttura dovrà autoprodurre l'energia elettrica e dovrà essere realizzata con materiali ecosostenibili. La metà della cubatura sarebbe adibita a parco pubblico, mentre il resto sarebbe ulteriormente suddiviso: il 50% verrebbe occupato da nuovi uffici della Regione Lazio, il 40% da nuove abitazioni e il restante 10% da una zona commerciale a basso impatto.
La politica della giunta Alemanno si dimostra sorda a queste proposte e si fa sentire solo per ratificare ciò che è già stato deciso in luoghi lontani dalla cittadinanza. Così, a dicembre 2009, la Giunta capitolina dà il via libera alla variante di Piano Regolatore per la dismissione e riconversione dell’ex Fiera di Roma. Come d’incanto cambiano le percentuali delle destinazioni d’uso: 65% residenziale, 20% non residenziale, 15% quota flessibile.
Il cerchio infine si chiude con la recente decisione da parte di “Investimenti Spa”, che intanto aveva sostituito la “ex Fiera di Roma Spa”, di dare il via alle procedure di vendita con la pubblicazione su alcuni media, in Italia e all'estero, di invito a manifestare interesse a partecipare alla gara che, probabilmente, sarà bandita a febbraio 2012.
Anche in questo caso, in cui il conflitto è locale, si conferma ciò che è sempre più evidente a livello nazionale e internazionale: una cosa è ciò che viene democraticamente deciso e proposto dai cittadini, altra cosa è ciò che la politica istituzionale fa, non rispondendo più agli elettori ma ad altri poteri i cui interessi non coincidono mai con il bene comune.
Sia a livello locale che a livello globale è sempre più evidente il conflitto tra le esigenze del popolo e gli interessi del sodalizio politico-finanziario che occupa i palazzi della politica istituzionale.
La vicenda in corso sul destino della ex Fiera di Roma rappresenta un esempio emblematico di questo conflitto, che potrà essere risolto solo con il passaggio dei poteri decisionali nelle mani del popolo, così come è d’altronde sancito nell’articolo 1 della Costituzione italiana.
Partito Umanista Roma
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