lunedì 31 dicembre 2018

TAGLI ALLE ATTIVITÀ DI CURA DEI CENTRI DI SALUTE MENTALE DI ROMA. CHE DEVE SUCCEDERE ANCORA PER CHIEDERE LE DIMISSIONI DELLA RAGGI?


"Governo del cambiamento"? "Manovre del popolo"? Tutte chiacchiere, buone soltanto a fare propaganda, cioè l'unica cosa che il M5S ha dimostrato di saper fare.
La giunta Raggi ha regalato ai cittadini romani un'altra perla.
Con la solita scusa, ereditata dalla vecchia politica, della carenza di risorse finanziarie, ha deciso di tagliare le spese finora destinate a cofinanziare i progetti per la realizzazione delle attività culturali, sportive e risocializzanti dei Centri di salute mentale per l'anno 2019.
Le suddette attività fanno parte dei progetti di cura delle persone affette da disturbi mentali, insieme ai trattamenti farmacologici e psicoterapeutici. Eliminare queste attività significa non curare adeguatamente queste persone. Sarebbe come privare le persone che hanno affrontato un intervento chirurgico all'apparato osteoarticolare della indispensabile riabilitazione immediatamente successiva.
Il sindaco è il primo responsabile della salute dei cittadini del proprio comune, per cui una decisione di questo genere contraddice in pieno il ruolo che la Raggi dovrebbe svolgere. In altre parole una decisione di questo genere dovrebbe comportare l'immediata richiesta di dimissioni del sindaco da parte dei partiti che stanno all'opposizione nel consiglio comunale di Roma.


domenica 23 dicembre 2018

IL GOVERNO ITALIANO VA CONTRO L’EVOLUZIONE DELLE COSE


Più passa il tempo, più l’attuale governo italiano sta dimostrando di andare contro l’evoluzione delle cose.

Tanti esseri umani stanno continuando a fuggire da condizioni di vita disumane determinate da secoli di sfruttamento da parte di paesi che fanno finta di aver dimenticato da dove proviene gran parte del loro relativo benessere economico.

Sì, perché se c’è ancora un mondo dove una piccola minoranza naviga nell’oro mentre la grande maggioranza fa fatica ad andare avanti, questo vuol dire che quella piccola minoranza ha rubato, ha sfruttato, ha impedito che la ricchezza venisse distribuita tra tutti.

Questo ha e continua ad avere delle conseguenze che determinano, appunto, l’evoluzione delle cose. E questa evoluzione non piace a chi detiene la grande maggioranza delle ricchezze. Ecco quindi che sempre più governanti stanno assumendo le sembianze di veri e propri gendarmi, che hanno come principale scopo della loro attività politica quello di fermare l’evoluzione delle cose.

Chiudere i porti alle navi che hanno salvato esseri umani da una morte certa nel Mar Mediterraneo significa andare contro l’evoluzione delle cose.

Rendere sempre più difficile la vita dei migranti nel nostro paese con un decreto che nulla ha a che vedere con la “sicurezza” significa andare contro l’evoluzione delle cose.

Sappiamo chi, nel governo, è il principale protagonista di questo tipo di politica. Ma gli altri, tutti gli altri, sono complici e quindi ugualmente responsabili. Altrimenti si sarebbero già dimessi.

Fortunatamente chi nel nostro paese appoggia questa politica è ancora minoranza. Fa la voce grossa per sembrare più grande, ma la realtà ci dice, invece, che ci sono tante persone che hanno scelto di trattare gli altri come vorrebbero essere trattati.

Il paese pullula di iniziative per aiutare fattivamente tutti coloro che sono stati sgomberati senza che sia stata data loro un’alternativa, tutti coloro che sono stati sbattuti fuori dalle mense scolastiche perché figli di stranieri, tutti coloro che sono stati affidati dai loro genitori all’incertezza del mare perché la terra dove vivono è più pericolosa del mare.

Noi non andiamo contro noi stessi, per cui non andiamo contro l’evoluzione delle cose.
Trattare gli altri come vorremmo essere trattati: questa sarà la nuova politica. Questa è evoluzione. 

mercoledì 12 dicembre 2018

VIA SALARIA: L’INCENDIO DI UN IMPIANTO, IL FUMO DELLA POLITICA


Ogni volta che succede un evento come quello dell’incendio che ha praticamente distrutto l’impianto AMA di Trattamento Meccanico Biologico dei rifiuti urbani a via Salaria a Roma sorge spontaneamente una domanda: in che cosa saranno mai impegnate le istituzioni da tenerle così lontane dalla vita reale di una città o di una nazione?
Sono passati ben sette anni e mezzo da quando sono iniziate le mobilitazioni contro un impianto che ha suscitato un importante allarme per la salute pubblica: pediatri che hanno segnalato che il 70% dei bambini della zona soffrono di problemi respiratori e che quindi sono costretti ad andare a scuola con le mascherine, aumento dell’uso di farmaci, non solo per le patologie respiratorie, ma anche per disturbi psichici e del sonno, un numero notevole di persone che lamenta bruciore agli occhi.
Non solo: centinaia di segnalazioni e denunce alla Asl e alla polizia, due inchieste aperte alla procura, una relazione dell’Arpa che segnala che in quell’impianto i rifiuti non riescono ad essere trattati completamente con una percentuale di scarti superiore al doppio di quella standard, che non avviene alcun riciclo di materiale, che c’è un indice di putrescenza di più di quattro volte superiore a quello autorizzato.
E ancora: già nel 2015 era avvenuto un incendio simile; denunce da parte dei sindacati per la mancanza di sicurezza dei lavoratori in quanto l’impianto lavorava spesso con una fossa quasi sempre piena e con una manutenzione che non si riusciva a fare; pareri di tecnici che hanno segnalato che la coabitazione di un impianto del genere con un centro abitato è impossibile; interpellanze parlamentari, infopoint, presidi, lo sciopero della Tari, i blocchi della Salaria.
Di fronte a tutto questo le istituzioni hanno solo risposto con promesse di chiusura dell’impianto, non una sola volta, ma nel 2014, a inizio 2015, a fine 2015, a inizio 2016, nel 2017, entro il 2018.
Tutte promesse mai mantenute. Solo fumo negli occhi. Fumo come quello che l’11 dicembre scorso si è sprigionato da un impianto assolutamente dannoso per migliaia di persone.
Ma oltre all’impianto, ciò che è andato in fumo è proprio la politica, sostituita, ormai da decenni, dalla semplice amministrazione delle varie emergenze, senza alcun segno anche minimo di progettualità, di programmazione. Anzi è proprio la mancanza totale di progettualità che ha reso più frequenti le emergenze.
Sono decenni che a Roma, come in gran parte del paese, si parla di nuova concezione del ciclo dei rifiuti, che implicherebbe l’incentivazione del recupero e della trasformazione degli stessi, per cui  il concetto di smaltimento verrebbe sostituito da quello di raccolta differenziata. Se si fosse cominciato a lavorare subito a questo progetto oggi non saremmo qui a chiedere alle altre regioni e ad altri paesi europei di ricevere i nostri rifiuti urbani, con tutti i rischi associati al trasporto per migliaia di chilometri di materiali potenzialmente tossici.
Non è più tempo di perdere tempo. L’incendio dell’impianto su via Salaria rappresenta l’ennesimo segnale che bisogna cominciare subito a mettere in atto le proposte che il Partito Umanista già fece nel suo programma per le elezioni comunali del 2006:
Programma comunale “Rifiuti Zero” per la riduzione dei rifiuti alla fonte con l’obiettivo di portare a zero i rifiuti non recuperati e non recuperabili, coinvolgendo i cittadini nel raggiungimento degli obiettivi.
Forte incremento e incentivazione della raccolta differenziata e aumento della differenziazione, separando tra loro i diversi tipi di metallo, vetro e materie plastiche. Agevolazioni sulla tassa rifiuti per i condomini che recuperano di più.
Incrementare il monitoraggio da parte dell’AMA e del Comune dei rifiuti prodotti dalle aziende.
Estensione a tutto il territorio comunale della raccolta dell’umido per la produzione di compost, della raccolta delle pile e batterie scariche, farmaci scaduti e materiali elettronici obsoleti.
Esclusione del ricorso agli inceneritori privi di recupero energetico, a favore del riciclaggio, compostaggio e riduzione dei rifiuti.
Informazione capillare della popolazione su come ridurre i rifiuti e aumentare il riciclaggio.
        

domenica 25 novembre 2018

L’OPINIONE DEI CITTADINI NON CONTA: A ROMA CONTINUA LA PRIVATIZZAZIONE DEL TRASPORTO PUBBLICO



L’11 novembre scorso c’è stato un referendum sulla privatizzazione del trasporto pubblico a Roma.
Sei andato a votare? E che importanza ha?
Non sei andato a votare? E che importanza ha?
Hai votato Sì? Hai votato No? E che importanza ha?
Il processo di privatizzazione va avanti, comunque.
L’assessorato alla Città in Movimento di Roma Capitale ci fa sapere che è stato indetto un Bando per affidare due lotti, rispettivamente di 16,2 e 13,7 milioni di vetture/chilometro annue, ad aziende private.
Si continua quindi a puntare sul privato per il trasporto su gomma nelle aree periferiche.
D'altra parte, già oggi, in alcune aree periferiche della città il trasporto pubblico locale non è gestito direttamente dal pubblico, con conseguenze assolutamente negative, sia per i lavoratori che per i cittadini.
Infatti, in periferia, i bus gestiti dai privati già esistono. Come funzionano? Chiediamolo a chi, in periferia, attende un'ora e mezza alla fermata e ai lavoratori che non vengono pagati regolarmente.
Quindi la privatizzazione va avanti.
Nonostante il M5S si sia espresso per il No al referendum e ha in mano l’amministrazione capitolina, non c’è politica che tenga: la privatizzazione va avanti.
Perché quindi meravigliarsi quando la maggioranza dei cittadini dimostra di non avere più fiducia nella politica, quando questa, sia a livello locale che nazionale, si dimostra così succube degli interessi di chi vuol fare affari sulla loro pelle?
Ecco perché la stragrande maggioranza degli elettori non ha ritenuto utile andare a votare al referendum dell’11 novembre.
Perché dovrei dire Sì o dire No, quando chi dovrebbe tener conto della mia opinione non lo fa?


Roma, 25 novembre 2018

domenica 18 novembre 2018

RIFIUTI A ROMA: LA GESTIONE CENTRALIZZATA HA FALLITO



La situazione disastrosa della gestione dei rifiuti è uno dei fattori che più incidono sul degrado della città di Roma. Aree sempre più numerose e sempre più ampie della nostra città sono diventate discariche a cielo aperto, alcune anche molto vicine a scuole e ospedali.

Le tonnellate di rifiuti che vengono prodotte quotidianamente a Roma sono circa 4.600, mentre la percentuale di raccolta differenziata è ferma al 43%. Come se non bastasse, l’AMA, a cui è affidata la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti nel comune di Roma, è in crisi profonda e proprio in questi giorni si sta cercando di evitare il suo fallimento.

Quali sono le proposte umaniste?

La nuova concezione del ciclo dei rifiuti implica di incentivare il recupero e la trasformazione degli stessi, quindi il concetto di smaltimento viene ad essere sostituito con quello di raccolta differenziata.

-          Programma comunale “Rifiuti Zero” per la riduzione dei rifiuti alla fonte con l’obiettivo di portare a zero i rifiuti non recuperati e non recuperabili, coinvolgendo i cittadini nel raggiungimento degli obiettivi.

-          Forte incremento e incentivazione della raccolta differenziata e aumento della differenziazione, separando tra loro i diversi tipi di metallo, vetro e materie plastiche. Agevolazioni sulla tassa rifiuti per i condomini che recuperano di più.

-          Incrementare il monitoraggio da parte dell’AMA e del Comune dei rifiuti prodotti dalle aziende.

-          Estensione a tutto il territorio comunale della raccolta dell’umido per la produzione di compost, della raccolta delle pile e batterie scariche, farmaci scaduti e materiali elettronici obsoleti.

-          Esclusione del ricorso agli inceneritori privi di recupero energetico, a favore del riciclaggio, compostaggio e riduzione dei rifiuti.

-          Informazione capillare della popolazione su come ridurre i rifiuti e aumentare il riciclaggio.

È evidente in queste proposte la necessità del coinvolgimento dei cittadini e per fare questo c’è bisogno di un deciso decentramento del potere decisionale. Anche la gestione dei rifiuti dev’essere decentrata, come minimo a livello municipale. La gestione centralizzata, come d’altronde per tutti gli altri problemi che ricadono sulla pelle dei cittadini, ha fatto il suo tempo e continua a dimostrare il suo irreversibile fallimento.
   
Per il Partito Umanista solo direttamente i cittadini possono decidere i modi e i tempi con cui si possono implementare, quartiere per quartiere, la raccolta differenziata, il monitoraggio dei rifiuti prodotti dalle aziende, la raccolta dell’umido e l’informazione sulle modalità di riduzione dei rifiuti e di incremento del riciclaggio. Ogni quartiere deve avere il personale del municipio corrispondente sufficiente per mettere in pratica ciò che viene deciso e il ruolo del Comune sarebbe quello di coordinare tra loro tutte le attività decise dai comitati di cittadini dei vari quartieri. 
  
Roma, 18 novembre 2018

martedì 13 novembre 2018

SGOMBERO BAOBAB: UN ATTO DI GUERRA


Non si tratta solo di razzismo. Lo sgombero della struttura di accoglienza Baobab eseguito dalle forze dell’ordine all’alba di oggi è un vero e proprio atto di guerra nei confronti dei più poveri, dei più sfruttati, delle persone che non hanno nulla e che ora non hanno nemmeno un posto dove ripararsi.
Inoltre, anche se non fosse così, non è certo andando avanti soltanto con gli sgomberi che il problema, sul piano sociale, si risolve. Nel migliore dei casi sarebbe solo un modo per non vedere il problema, per nascondere la polvere sotto il tappeto.
Come ogni governo reazionario, comunque, anche quello attuale sta svolgendo il suo mandato: cercare di disciplinare, anche con la violenza, il caos generato dagli appetiti sempre più insaziabili di chi detiene il potere economico, riducendo sempre più esseri umani in condizioni di povertà assoluta. Le persone ospiti del Baobab non erano lì per caso. Costretti a fuggire da condizioni invivibili, erano state accolte in questa struttura, nel tentativo di costruire un percorso vitale più umano.
Ma la povertà conviene a chi possiede il potere economico e più disagevoli sono le condizioni di vita, maggiori sono le possibilità di trovare persone disponibili a farsi sfruttare pur di non morire di fame. Quindi anche l’esistenza di una struttura, come il Baobab, che ospitandole riduce, anche se minimamente, il loro disagio, possono intralciare il programma di sfruttamento massivo di quante più persone possibili.
Si può facilmente dedurre che tutto questo non genera maggiore ordine e legalità, come recita la propaganda governativa, ma ulteriore tensione sociale e quindi, come nelle speranze di chi ama usare le ruspe e i blindati, maggiore repressione e violenza.
Ecco, quindi, che il cerchio si chiude. Ecco, quindi, la grande bugia. Il governo attuale che declama ogni giorno la sua indipendenza dai poteri più forti si sta rivelando per quello che realmente è: il governo più servo di tali poteri che mai si sia visto da quando esiste la Costituzione. Bisogna andare indietro al ventennio fascista per trovarne uno altrettanto servile.  
Quando questi burattini, che oggi fanno i ministri, non serviranno più, saranno bruciati. E noi, almeno in quell’occasione, non faremo da pompieri.
Nel frattempo faremo di tutto affinché la politica diventi veramente uno strumento di liberazione per l’essere umano. 

venerdì 19 ottobre 2018

Referendum Atac: il Partito umanista vota "No"

L'11 novembre si terrà l'ormai famigerato referendum consultivo promosso da Radicali Italiani riguardo la privatizzazione di Atac. Chi leggerà questo post e magari è  favorevole alla messa a gara del servizio pubblico di trasporto cittadino storcerà subito il naso e dirà che la nostra è una interpretazione ideologica, irridendone la posizione.
Niente di più falso. Il quesito posto sulla scheda sarà riguardo la "messa a gara del servizio pubblico di trasporto" dunque, secondo i sostenitori del "sì" non una "privatizzazione fatta e finita" ma una proposta di far concorrere più aziende e più realtà per la gestione del trasporto pubblico della Capitale.

Il referendum si propone di «togliere il monopolio ad ATAC riguardo la gestione del trasporto pubblico»; per invertire la rotta, secondo il sito mobilitiamoroma.it, creato ad hoc da Radicali Italiani, «occorre mettere a gara il servizio affidandolo a più soggetti, rompendo il monopolio e aprendo alla concorrenza. Le gare stimolano le imprese, pubbliche o private che siano, a comportarsi in modo virtuoso, e l’apertura alla concorrenza introdurrebbe anche forme più moderne e innovative di trasporto». Sull'ultima, riguardo le moderne e innovative forme di trasporto, si potrebbe anche discutere ma sempre stante l'affermazione: ci vuole poco, se il raffronto è ATAC, una società mandata ad hoc in perdita che negli anni ha assunto clientelarmente un numero spropositato di dirigenti, tagliando corse, chilometri, vetture, macchinisti e rapporti con società di manutenzione e primo soccorso.

Sull'affermazione precedente è bene riflettere un po' di più: le gare dovrebbero stimolare le imprese, pubbliche o private, in modo virtuoso. Le cronache di tutti i giorni e provenienti da tutt'Italia forniscono, però, esempi contrari: gli appalti truccati, le gare finte, sono una costante italiana per favorire meccanismi di tipo clientelari su questo o quel settore esternalizzato dal pubblico.
Certamente la situazione non è delle migliori, per usare un eufemismo, ma certamente non è esternalizzando che si risolvono i problemi: noi pensiamo si debba ristrutturare completamente Atac e il rapporto che l'azienda ha con il Comune di Roma.
Così come, allo stesso modo, giudichiamo complici le varie giunte che si sono susseguite che, anziché risolvere i problemi legati ad Atac, ne hanno solo aggravato e divaricato le contraddizioni, creando disagi e disservizi per gli utenti.

Privato? Ma a Roma c'è già
La questione principale che ci fa dire di votare No (e invitare a  farlo) è che i romani già conoscono gli effetti della privatizzazione del servizio di trasporto pubblico: l'azienda TPL ne è un chiaro esempio i cui lavoratori spesso non percepiscono stipendio per mesi, l'ultimo caso è stato a maggio 2018, dunque non proprio in là nel tempo.
Le linee gestite dalla TPL (qui l'elenco completo http://www.romatpl.com/le-linee/), azienda privata che dovrebbe supplire al lavoro svolto (male) da ATAC, forniscono un servizio ancora peggiore di quello della municipalizzata in questione. La stessa ATAC (e TPL), nel 2013, razionalizzarono (leggasi: tagliarono) molte linee periferiche perché alcuni autobus passavano con zone a bassa densità abitativa: quando nel 2013, un gruppo di cittadini del VI Municipio riuniti in un comitato chiesero spiegazione delle linee tagliate nel territorio sia al municipio che ad ATAC. L'azienda dei trasporti rispose, in una missiva, che alcune autolinee erano gestite da altra azienda (TPL, un privato!) e che altre furono instradate al fine di un servizio maggiore

La questione del "Piano Tronca"
Il problema, infatti, sta tutto qui: a partire dal 2019 scade il contratto che lega la gestione del trasporto cittadino ad ATAC ed è difficile pensare che ci possa essere una proroga da parte delle istituzioni locali: la direttiva Bolkenstein (cui Radicali Italiani ha espresso il proprio sostegno dato che trattasi di movimento "liberale, libertario, liberista") ha imposto la privatizzazione dei servizi pubblici che dovranno progressivamente essere affidati a gestioni private. L'affidamento del trasporto cittadino dovrebbe essere deciso tramite bando (la proposta di Radicali Italiani), il quale prevede che vengano assegnate sulla base di condizioni che vengono offerte sulla carta ma che spesso si traduce nella seguente affermazione: peggiori condizioni per i lavoratori dell'azienda e gioco al ribasso dei costi per poter aggiudicarsi la gara.
Si fa un gran parlare, infatti, della poca professionalità e della scortesia dei lavoratori ATAC, tuttavia ci si dimentica che attraverso le assunzioni della giunta Alemanno fu proprio il numero degli autisti a diminuire in relazione a quello dei dirigenti dell'azienda. Dire che l'Atac fa schifo per colpa dei lavoratori è ridicolo e risibile. Andare oltre la dicotomia lavoratore/cittadino è, infatti, necessaria per la comprensione della situazione di ATAC e del trasporto locale.

Esternalizzazioni
La privatizzazione di alcuni settori di ATAC arriva da lontano: tra il 1994 e il 1996 quando ad essere sindaco era Rutelli, iniziano le esternalizzazioni delle pulizie dei mezzi, passando per il 2003 in cui vengono privatizzate ed affidate alla Corpa i servizi di manutenzione e recupero delle vetture guaste. La questione della Corpa è paradigmatica: l'azienda che si occupava della manutenzione dei bus di Atac, non s'è vista rinnovare l'appalto e ha licenziato in tronco tutti i suoi dipendenti.
Gli autobus di Atac hanno viaggiato per mesi senza manutenzione (sicuramente chi legge si ricorderà degli autobus "flambè"). La privatizzazione e l'esternalizzazione dei servizi pubblici, infatti, porta solo peggiori condizioni salariali per i lavoratori, compressione dei diritti, taglio delle unità lavorative (nuova perifrasi per non dire lavoratori/operai).

venerdì 28 settembre 2018

Sfratto a Villa Gordiani e questione abitativa: esproprio!

Ad est di Roma, gli abitanti delle case popolari (gestite da Ater) di Villa Gordiani hanno assistito ad un dispiegamento di forze dell'ordine senza precedenti per lo sfratto di una pensionata. Due attivisti dell'Asia-Usb sono stati fermati e lo stesso sindacato ha denunciato il fatto, l'uso del gas urticante nei confronti della donna, trattata come una criminale, addebbitando il fatto al cosiddetto Decreto Salvini di recente emanazione.

La questione abitativa
A Roma ci sono più di 250mila immobili sfitti. Quando si parla di "immobili sfitti" non si sta parlando della casa del conoscente che tiene libero un appartamentoin vista del matrimonio del figlio o della figlia. Si tratta del "gioco a rialzo e ribasso" operato dai grandi gruppi immobiliari che detengono la maggior parte di quelle migliaia di immobili.e che, attraverso questo meccanismo, condizionano il mercato immobiliare.

Esproprio
In casi di emergenza, e questo lo è certamente, la Costituzione prevede l'esproprio (art. 42): «[...] La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale».

La guerra fra poveri è il frutto di politiche liberiste marchiate Lega e Movimento 5 Stelle, alla faccia della democrazia partecipata e dell'"ognuno vale uno": le periferie, al contrario, valgono meno di zero e servono solo in campagna elettorale, per promettere e vendere fumose illusioni.
Solidarietà ai fermati, che vengano liberati subito.

martedì 21 agosto 2018

GLI UNICI STRANIERI SIETE VOI


Gli unici stranieri siete proprio voi. Sì, voi che chiudete i porti, voi che sparate a chi ha il colore della pelle diverso dalla vostra, voi che attaccate cartelli con su scritto "sporchi negri andate via".
Perché? Perché non conoscete o avete dimenticato l'unica lingua universale, quella che nasce dal riconoscere l'umanità nell'altro e in voi stessi. 
Ma se sperate che qualcuno vi chiuda la porta in faccia perché siete voi gli unici stranieri, come state facendo voi, vi state sbagliando un'altra volta. Avete sbagliato palazzo. Qui non si chiude la porta in faccia a nessuno.

Carlo Olivieri - Partito Umanista 

domenica 29 luglio 2018

Decreto Di Maio: non è questa la “dignità”


Ma quale dignità? Il decreto proposto dal governo e licenziato dalla commissione finanze e lavoro non ha nemmeno lontanamente le caratteristiche adeguate per potersi meritare di essere affiancato da un termine così importante come “dignità”.

Sulla situazione attuale l’analisi umanista è molto chiara. Dal Documento del Movimento Umanista si evince che i fenomeni di razzismo e fanatismo che si stanno verificando sempre più numerosi sono l’irrazionale reazione ad un’altra irrazionalità: il tentativo da parte del grande capitale di disciplinare la società per far fronte al caos che esso stesso ha determinato.

Il neo-irrazionalismo che sembra stia prendendo il sopravvento sta, inoltre, riducendo il margine d’azione delle forze progressiste. Come si può invertire questa tendenza?

Per gli umanisti è necessario rimettere al centro della discussione in seno al popolo alcuni temi fondamentali, invece di far finta di opporsi all’irrazionalismo dilagante con appelli alla moderazione che hanno tutto il sapore di un ennesimo invito all’adattamento decrescente ad una democrazia formale che fa solo il gioco del grande capitale.

Quali sono questi temi fondamentali? Sono quelli che riguardano il rapporto tra i fattori di produzione, cioè tra il lavoro e il capitale. Di quale dignità va blaterando il governo, se, in piena continuità con i governi precedenti, non si mette in discussione la regola ancora vigente su cui è basato il rapporto tra i suddetti fattori di produzione: il profitto al capitale e il salario al lavoratore.

Dov’è la dignità se non si mette in discussione questa assurda regola che impone ai lavoratori di mettere a rischio il proprio presente e il proprio futuro nei flussi e riflussi della disoccupazione e delle crisi finanziarie, senza che abbiano voce in capitolo nelle decisioni e nella gestione dell’azienda per cui lavorano?

Di quale dignità si sta parlando se non si dichiara apertamente che i rischi che corrono i lavoratori sono la conseguenza del fatto che parti cospicue del profitto prendono la via della speculazione finanziaria invece della via del reinvestimento nell’azienda e della creazione di nuovi posti di lavoro?

Ecco quindi che emerge il vero significato della parola “dignità”. Non c’è dignità per i lavoratori se non si verifica finalmente la possibilità per loro di compartecipare nella gestione e nella direzione dell’azienda, in modo tale da evitare licenziamenti e chiusure fraudolente delle aziende, fuga di capitali e deviazioni del profitto verso la speculazione.

 


Sulla base di queste considerazioni, i provvedimenti che potrebbero aprire la strada al vero rispetto della dignità di tutti i lavoratori sono le seguenti proposte umaniste:

- una serie di riforme economiche che consentano il PASSAGGIO GRADUALE DAL LAVORO COME PRODUZIONE (che mira solo a una crescita esponenziale senza ragione e senza perché) AL LAVORO COME SERVIZIO, dove la produzione non è finalizzata solo ai beni e alle merci, ma è anche erogazione di tempo, di cura, di relazione.

Inoltre, di fronte allo scenario attuale, dove le grandi company fagocitano le piccole aziende, dove il “grande capitale”, dopo aver privatizzato gli enti, si sostituisce allo stato come fornitore di servizi mettendo la gente in una condizione di precarietà, proponiamo:

- LEGGE SULLA PROPRIETÀ DEI LAVORATORI NELL’IMPRESA, per consentire l'accesso dei lavoratori alla proprietà dell'azienda per prendere parte alle decisioni.

- LEGGE SULLA SPECULAZIONE, per riportare i capitali nelle aziende invece di vederli finire nella speculazione.
 
- LEGGE PER IL REDDITO SOCIALE, per garantire a tutti coloro che sono stati espulsi dal mercato del lavoro o non riusciranno mai ad entrarvi, un livello di vita degno di tale nome.

giovedì 19 luglio 2018

LA LIBERTÀ È TERAPEUTICA

C’era da aspettarselo. Accanto ai migranti e ai Rom, un altro bersaglio delle frecce velenose che l’attuale ministro dell’Interno Salvini scaglia ormai quotidianamente, non potevano non essere le persone affette da disturbi mentali.
Lo schema è sempre lo stesso: prima il tentato innesco della paura, affermando che in Italia ci sarebbe «una esplosione di aggressioni» da parte di «pazienti psichiatrici», poi l’attacco reazionario, dichiarando che ci sarebbe “da rivedere il fatto che sia stato abbandonato il tema della psichiatria e lasciato solo sulle spalle delle famiglie italiane chiudendo tutte le strutture di cura per i malati psichiatrici”.    
Prima che venissero chiusi i manicomi, ad opera della legge 180 del 1978 ispirata alla corrente di pensiero messa in moto dallo psichiatra Franco Basaglia, bastava la semplice paura di una tanto presunta quanto indimostrata pericolosità sociale per causare l’internamento di migliaia di persone in ospedali psichiatrici che tutto erano tranne che ospedali. Erano semplicemente un altro tipo di prigioni, dove rinchiudere per un tempo indeterminato le persone con disturbi mentali. Come allora, anche adesso non risulta invece alcun incremento dei reati contro la persona commessi da queste persone.
Quasi sempre le paure collettive sono basate sulle falsità diffuse da persone che inseguono il potere. Così è anche nel caso delle dichiarazioni di Salvini. E come tutte le persone che inseguono il potere, anche Salvini dimostra un preoccupante livello di antisocialità, nel senso di non mostrare affatto alcuna preoccupazione per le conseguenze di ciò che afferma e di ciò che fa.
Le dichiarazioni del ministro Salvini corrono il rischio, infatti, di incrementare il grado di autosvalutazione di cui già soffrono le persone affette da disturbi mentali, aumentando la tendenza a nascondersi per paura dello stigma e a non farsi curare.  Senza contare l’effetto su quelle stesse famiglie di cui sembra tanto preoccuparsi il ministro, che potrebbero sentirsi ancor più motivate a nascondere la malattia dei parenti.
Bene ha fatto la Società Italiana di Psichiatria a reagire alle parole del ministro ribadendo prima di tutto che è in atto lo “sfascio progressivo di un sistema assistenziale costruito faticosamente in 40 anni e che sta andando alla malora per un finanziamento ridicolo, che è meno del 3,5% del totale della spesa sanitaria italiana, mentre in paesi come Francia, Germania, Inghilterra e Spagna si investe dal 10 al 15%”. La stessa S.I.P. ha poi duramente e giustamente criticato il comportamento di Salvini per il fatto di aver diffuso false notizie che non fanno altro che “aumentare paure infondate sulle persone affette da disturbi psichici, etichettandole ingiustamente ed indiscriminatamente come ‘pericolose’, aggravandone il già tremendo fardello dello stigma e della discriminazione”.
Quello stesso stigma che colpisce non solo le persone con disturbi mentali, ma tutte le minoranze e tutti coloro che vengono etichettati come ‘diversi’.
In sintesi, i servizi sanitari deputati alla prevenzione, alla cura e alla riabilitazione delle persone con questo tipo di disturbi, non hanno alcun bisogno delle parole di un ministro dell’interno che non perde occasione per infondere paure e diffondere reazioni discriminatorie.
Ciò di cui hanno invece bisogno è la totale e completa attuazione della legge 180, una legge che ci invidia tutto il mondo e che è l’unica in grado di affrontare la grande complessità rappresentata dalla malattia mentale.
Quando il movimento ispirato al pensiero di Basaglia lottava per la chiusura dei manicomi, c’era il coraggio di affermare che “la libertà è terapeutica”. Questa affermazione è ancor più vera oggi, dopo 40 anni durante i quali la legge 180, nonostante sia stata attuata solo in parte, ha comunque dimostrato che l’emarginazione e l’internamento creano solo danni maggiori e che solo l’accoglienza può dare inizio ad un cammino diverso per tutti coloro che già soffrono di uno “stigma interno” e che non hanno certo bisogno di un ulteriore stigma “esterno”.
La legge 180 ha permesso, inoltre, grandi passi avanti nelle capacità curative della psichiatria italiana, proprio perché ha creato le condizioni per cercare soluzioni più efficaci ed umane rispetto a quelle semplicistiche e falsamente rassicuranti offerte dalla possibilità dell’internamento indiscriminato nei manicomi.
Per cui, affinché si continui a progredire nelle capacità di prendersi cura delle persone con disturbi mentali, è necessario che la legge 180, come d’altronde la nostra stessa Costituzione, venga attuata completamente e non messa in dubbio da affermazioni terroristiche e dalle relative false soluzioni securitarie dal sapore inequivocabilmente reazionario. E per fare questo il settore della tutela dalla salute mentale deve ricevere finanziamenti adeguati, per lo meno dello stesso livello dei paesi europei che investono di più in questo settore.
Allora sì che si vedrà come solo la libertà può essere veramente terapeutica.            

giovedì 12 luglio 2018

LE PROPOSTE UMANISTE PER L’ISTRUZIONE

SITUAZIONE ATTUALE, CONFLITTI E TENDENZE

Il momento attuale della scuola italiana è caratterizzato dal continuo avvicendarsi di cosiddette riforme, quasi una per ogni nuovo governo, che pretendono di essere la risposta ideale per adeguarsi alla società e alla scuola del prossimo millennio. Queste proposte, però, hanno tutte le caratteristiche di non cogliere i problemi di fondo. In questa situazione continuerà la fuga dalla scuola pubblica verso "agenzie educative" sempre più basate sulla logica del profitto.

PROPOSTE

La scuola deve essere gratuita e per tutti:

- Aumento dei fondi destinati all'istruzione.
- Attivazione di strumenti e fondi tesi alla realizzazione della gratuità effettiva della scuola per lo meno nel periodo dell'obbligo scolastico: libri e materiale scolastico di base gratuito; finanziamento a cooperative e società compartecipate che producano libri di interesse sociale e culturale a basso costo, ecc.
- Abolizione delle tasse scolastiche.
- Potenziamento dei servizi per l'infanzia, con esaurimento delle liste d'attesa negli asili nido e nelle scuole materne.
- Ampliamento dei posti fino a soddisfare tutta la domanda e capillare diffusione della scuola pubblica per l'infanzia in tutto il paese, con livelli qualitativi omogenei.
 
La scuola deve essere di buon livello:

- Riduzione del numero di allievi per classe (massimo 15) e conseguente aumento del personale docente.
- Garanzia dell'autonomia scolastica basata sul concetto di uguali risorse per tutti e del decentramento delle stesse sul territorio ai vari Enti (direzioni didattiche, regioni, comuni, quartieri, associazioni di base, comitati di genitori, ecc.).
- Riforma dei programmi di ogni ordine nel senso di: attualizzazione, relazione con l'ambiente sociale circostante, apertura alla diversità culturale, valorizzazione della soggettività.
 
L’insegnamento va considerato come attività del più alto valore sociale:

- Riqualificazione del personale docente, aumento e ridefinizione degli stipendi in funzione del criterio di responsabilità sociale.
- Eliminazione di tutte le norme che limitino di fatto la libertà d'insegnamento, di sperimentazione e di organizzazione del lavoro.
 
La scuola deve integrare le diversità:

- Potenziamento del sostegno attraverso il numero di insegnanti, corsi di aggiornamento per temi specifici, corsi di laurea e tirocinio nelle classi.
- Creazione della figura dell’insegnante di appoggio socio-culturale, la cui funzione sarà quella di sviluppare e integrare le diversità culturali presenti all’interno delle classi.
 
L’educazione deve essere permanente:

- L'investimento dello Stato nell'educazione dei suoi cittadini deve partire dalla loro nascita e continuare per tutta la vita.
- Centri di educazione permanente per permettere sia a livello personale che sociale, lo sviluppo dell’educazione di ogni essere umano.

domenica 8 luglio 2018

LE PROPOSTE UMANISTE PER LA SOLIDARIETÀ SOCIALE



L'Istat aggiornando gli indicatori dell'Agenda Onu 2030 sullo sviluppo, in occasione della conferenza nazionale di statistica, rileva che "nel 2016, con il 19,1% del reddito disponibile per il 40% più povero della popolazione (indicatore utilizzato da Eurostat per confrontare i livelli di disuguaglianza tra i paesi Ue), l'Italia si pone al di sotto della media europea che, a sua volta, è diminuita nel tempo, passando dal 21,1% del 2011 al 20,9% del 2016".

La povertà in Europa "si mantiene stabile" nel 2016 rispetto al 2015, mentre in Italia "la popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale è pari al 30% (18.136.663 individui), in aumento rispetto all'anno precedente: l'obiettivo di Europa 2020 rimane quindi molto lontano".

Le disparità regionali sono molto ampie. Nel Mezzogiorno è a rischio di povertà o esclusione sociale quasi la metà degli individui (46,9%) contro uno ogni cinque del Nord (19,4%).

Nel 2017 in Italia si stima siano 5 milioni e 58mila gli individui in povertà assoluta (8,4% della popolazione). Le condizioni dei minori rimangono critiche: l'incidenza di povertà assoluta tra di essi è pari al 12,1%; in peggioramento la condizione di giovani, adulti e anziani.

Il problema fondamentale è che gli emarginati non rendono e in questo modello socioeconomico, basato sulla competitività e la produttività, nessuno è disposto a pagare per il loro inserimento, anzi, al contrario, ne alimenta l’emarginazione.

Per gli umanisti la solidarietà non è un concetto limitato da criteri economici, ma piuttosto un concetto che si riferisce a tutti gli esseri umani e in modo particolare a tutti quelli che si trovano in difficoltà per qualsiasi ragione e in qualsiasi momento della propria vita.

Riprendendo lo spirito che animò la stesura della Dichiarazione dei Diritti Umani nel 1948, gli umanisti auspicano un'applicazione immediata delle aspirazioni lì enunciate, come primo passo di una storia finalmente umana.

In pratica il Partito Umanista propone:

1) Creazione di organi adeguati, che si occupino specificamente della tematica in quanto a coordinamento, finanziamento, controllo, proposta e implementazione di progetti all’interno degli enti locali e in modo particolare dei Comuni.

2) Reddito sociale garantito.

3) Fondo per la Solidarietà Sociale, con l’obiettivo di creare una rete di credito indipendente dalle banche e a tasso d’interesse zero.

4) Inserimento, nei programmi educativi pubblici e privati fin dalla scuola primaria, delle tematiche relative alla solidarietà sociale.

5) Creazione di corsi professionali per la preparazione di addetti alla solidarietà sociale, inclusi specialisti in campi specifici quali psicologi, animatori, medici e paramedici, esperti di problemi dell’infanzia e degli anziani, ecc.

6) Mantenimento e rafforzamento del Servizio Civile, in alternativa alla carriera militare e a parità di trattamento economico, con compiti di solidarietà sociale e di assistenza.

7) Immediata creazione di un corpo di medici, assistenti sociali, psicologi, ecc., oltre ad un effettivo aumento delle risorse umane nei servizi già predisposti, che operino in base al territorio con il compito specifico di seguire pazienti con difficoltà d’inserimento sia fisico che psicologico.

8) Creazione di spazi adatti alla socializzazione e all’espressione sociale di tutte le persone, con particolare riguardo a quelle con difficoltà di inserimento, utilizzando, per esempio, le strutture delle scuole che sono oggi inutilizzate per almeno la metà del tempo, oltre a tutti gli edifici di proprietà di enti pubblici oggi inutilizzati.

9) Priorità assoluta nelle voci del bilancio dello Stato alla solidarietà sociale rispetto ad altre voci (per esempio la Difesa).

10) Introduzione, a livello nazionale, di un contributo (equiparato alle tasse applicate ai dipendenti e alle imprese), applicabile alle transazioni speculative nel mercato dei valori. In questo modo si verrebbe a creare il fondo necessario all’assolvimento delle proposte elencate finora.