Un uomo di 42 anni, restauratore di
mobili, si è tolto la vita ad Alatri, nel Frusinate, suicidandosi in un
casolare di famiglia. L'uomo era sposato e aveva una figlia di 16 anni.
Era in difficoltà col suo lavoro, ma non
sappiamo, e forse non lo sapremo mai, se si è impiccato per questo motivo,
oppure per altre ragioni.
Certo è che in questi anni di crisi
economica i suicidi che, almeno apparentemente, sembrano motivati dalle difficoltà
conseguenti a tale crisi si sono moltiplicati.
Nonostante ciò, la politica sembra
disinteressarsene. Come se fosse un argomento tabù, forse perché troppo scomodo
o compromettente.
Noi,
invece, vogliamo parlarne. Anzi in quanto umanisti, siccome il punto di
partenza delle nostre idee non è dato da affermazioni generali, ma dall’esame
della specificità della vita umana, dell’esistenza, del vissuto personale, crediamo
che la politica non dovrebbe rifiutarsi di affrontare temi come questo.
Risulta infatti evidente che una persona
che decide di porre fine alla propria vita si trova, per ragioni economiche o
sociali o semplicemente personali, in una situazione limite.
Quante sono le persone che lottano per
sopravvivere e non sanno se domani potranno sconfiggere la fame, le malattie,
l’emarginazione, la sofferenza? Molti, troppi milioni di esseri umani.
Dobbiamo dirlo: nessuno di noi ha scelto
la situazione in cui è nato. Una situazione situata in un determinato momento
storico e fatta di uno specifico ambiente naturale e sociale. Tutte cose che
nessuno ha scelto quando è nato.
Ma dobbiamo dire anche questo: che da un
certo momento della nostra vita in poi abbiamo cominciato a scegliere. Prima di
tutto abbiamo cominciato a poter disporre anche della libertà di suicidarci
oppure di continuare a vivere e di pensare alle condizioni in cui vorremmo
continuare a vivere.
Anzi, possiamo senz’altro dire che la
libertà di scelta diventa realtà proprio nel momento in cui ci interroghiamo in tal senso: voglio vivere?
Se sì, in quali condizioni vorrei farlo?
Ecco che allora compare l’aspetto
politico. Perché nel momento in cui scelgo di vivere devo anche scegliere in
che condizioni. Certo, posso anche scegliere di non pormi queste domande: anche
in questo caso non è messa in discussione la libertà di scelta, perché comunque
sono libero di scegliere di non scegliere.
Questa libertà ci permette di rifiutare qualsiasi
forma politica, organizzazione sociale o stile di vita che si instauri senza che
si rendano espliciti i benefici che può trarne l’essere umano. Gran parte della
morale, delle leggi e delle politiche oggi dominanti si sono instaurate senza
esplicitare alcunché, probabilmente perché sono veramente pochi i benefici che
l’essere umano potrebbe trarre da esse.
In quanto forma di espressione
dell’agire umano, la politica dovrebbe avere questa priorità: contribuire a
ricordare sempre che siamo liberi di scegliere, invece di continuare, come
spesso fa oggi, ad agire come se questa libertà non ci fosse, contribuendo a
propagandare l’idea che l’attuale status quo è inevitabile e che non può essere
cambiato. Ecco perché, secondo noi, il silenzio della politica non è giustificabile.
L’uomo di Alatri, suicidandosi, ha
dimostrato che in ogni momento siamo liberi di scegliere se continuare a vivere
oppure no. Il problema è: era consapevole di questa libertà di scelta? Oppure
era convinto che lo status quo era inevitabile e che non poteva essere cambiato?
Roma, 07.03.2014
Partito Umanista
Roma
Nessun commento:
Posta un commento