venerdì 7 marzo 2014

UN UOMO SI É SUICIDATO AD ALATRI. UN ESSERE UMANO. IL SILENZIO DELLA POLITICA.

Un uomo di 42 anni, restauratore di mobili, si è tolto la vita ad Alatri, nel Frusinate, suicidandosi in un casolare di famiglia. L'uomo era sposato e aveva una figlia di 16 anni.
Era in difficoltà col suo lavoro, ma non sappiamo, e forse non lo sapremo mai, se si è impiccato per questo motivo, oppure per altre ragioni.
Certo è che in questi anni di crisi economica i suicidi che, almeno apparentemente, sembrano motivati dalle difficoltà conseguenti a tale crisi si sono moltiplicati.
Nonostante ciò, la politica sembra disinteressarsene. Come se fosse un argomento tabù, forse perché troppo scomodo o compromettente.
Noi, invece, vogliamo parlarne. Anzi in quanto umanisti, siccome il punto di partenza delle nostre idee non è dato da affermazioni generali, ma dall’esame della specificità della vita umana, dell’esistenza, del vissuto personale, crediamo che la politica non dovrebbe rifiutarsi di affrontare temi come questo.


Risulta infatti evidente che una persona che decide di porre fine alla propria vita si trova, per ragioni economiche o sociali o semplicemente personali, in una situazione limite.
Quante sono le persone che lottano per sopravvivere e non sanno se domani potranno sconfiggere la fame, le malattie, l’emarginazione, la sofferenza? Molti, troppi milioni di esseri umani.
Dobbiamo dirlo: nessuno di noi ha scelto la situazione in cui è nato. Una situazione situata in un determinato momento storico e fatta di uno specifico ambiente naturale e sociale. Tutte cose che nessuno ha scelto quando è nato.
Ma dobbiamo dire anche questo: che da un certo momento della nostra vita in poi abbiamo cominciato a scegliere. Prima di tutto abbiamo cominciato a poter disporre anche della libertà di suicidarci oppure di continuare a vivere e di pensare alle condizioni in cui vorremmo continuare a vivere.
Anzi, possiamo senz’altro dire che la libertà di scelta diventa realtà proprio nel momento in cui ci interroghiamo in tal senso: voglio vivere? Se sì, in quali condizioni vorrei farlo?
Ecco che allora compare l’aspetto politico. Perché nel momento in cui scelgo di vivere devo anche scegliere in che condizioni. Certo, posso anche scegliere di non pormi queste domande: anche in questo caso non è messa in discussione la libertà di scelta, perché comunque sono libero di scegliere di non scegliere.
Questa libertà ci permette di rifiutare qualsiasi forma politica, organizzazione sociale o stile di vita che si instauri senza che si rendano espliciti i benefici che può trarne l’essere umano. Gran parte della morale, delle leggi e delle politiche oggi dominanti si sono instaurate senza esplicitare alcunché, probabilmente perché sono veramente pochi i benefici che l’essere umano potrebbe trarre da esse.
In quanto forma di espressione dell’agire umano, la politica dovrebbe avere questa priorità: contribuire a ricordare sempre che siamo liberi di scegliere, invece di continuare, come spesso fa oggi, ad agire come se questa libertà non ci fosse, contribuendo a propagandare l’idea che l’attuale status quo è inevitabile e che non può essere cambiato. Ecco perché, secondo noi, il silenzio della politica non è giustificabile.
L’uomo di Alatri, suicidandosi, ha dimostrato che in ogni momento siamo liberi di scegliere se continuare a vivere oppure no. Il problema è: era consapevole di questa libertà di scelta? Oppure era convinto che lo status quo era inevitabile e che non poteva essere cambiato?

Roma, 07.03.2014 

Partito Umanista

Roma

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