domenica 29 luglio 2018

Decreto Di Maio: non è questa la “dignità”


Ma quale dignità? Il decreto proposto dal governo e licenziato dalla commissione finanze e lavoro non ha nemmeno lontanamente le caratteristiche adeguate per potersi meritare di essere affiancato da un termine così importante come “dignità”.

Sulla situazione attuale l’analisi umanista è molto chiara. Dal Documento del Movimento Umanista si evince che i fenomeni di razzismo e fanatismo che si stanno verificando sempre più numerosi sono l’irrazionale reazione ad un’altra irrazionalità: il tentativo da parte del grande capitale di disciplinare la società per far fronte al caos che esso stesso ha determinato.

Il neo-irrazionalismo che sembra stia prendendo il sopravvento sta, inoltre, riducendo il margine d’azione delle forze progressiste. Come si può invertire questa tendenza?

Per gli umanisti è necessario rimettere al centro della discussione in seno al popolo alcuni temi fondamentali, invece di far finta di opporsi all’irrazionalismo dilagante con appelli alla moderazione che hanno tutto il sapore di un ennesimo invito all’adattamento decrescente ad una democrazia formale che fa solo il gioco del grande capitale.

Quali sono questi temi fondamentali? Sono quelli che riguardano il rapporto tra i fattori di produzione, cioè tra il lavoro e il capitale. Di quale dignità va blaterando il governo, se, in piena continuità con i governi precedenti, non si mette in discussione la regola ancora vigente su cui è basato il rapporto tra i suddetti fattori di produzione: il profitto al capitale e il salario al lavoratore.

Dov’è la dignità se non si mette in discussione questa assurda regola che impone ai lavoratori di mettere a rischio il proprio presente e il proprio futuro nei flussi e riflussi della disoccupazione e delle crisi finanziarie, senza che abbiano voce in capitolo nelle decisioni e nella gestione dell’azienda per cui lavorano?

Di quale dignità si sta parlando se non si dichiara apertamente che i rischi che corrono i lavoratori sono la conseguenza del fatto che parti cospicue del profitto prendono la via della speculazione finanziaria invece della via del reinvestimento nell’azienda e della creazione di nuovi posti di lavoro?

Ecco quindi che emerge il vero significato della parola “dignità”. Non c’è dignità per i lavoratori se non si verifica finalmente la possibilità per loro di compartecipare nella gestione e nella direzione dell’azienda, in modo tale da evitare licenziamenti e chiusure fraudolente delle aziende, fuga di capitali e deviazioni del profitto verso la speculazione.

 


Sulla base di queste considerazioni, i provvedimenti che potrebbero aprire la strada al vero rispetto della dignità di tutti i lavoratori sono le seguenti proposte umaniste:

- una serie di riforme economiche che consentano il PASSAGGIO GRADUALE DAL LAVORO COME PRODUZIONE (che mira solo a una crescita esponenziale senza ragione e senza perché) AL LAVORO COME SERVIZIO, dove la produzione non è finalizzata solo ai beni e alle merci, ma è anche erogazione di tempo, di cura, di relazione.

Inoltre, di fronte allo scenario attuale, dove le grandi company fagocitano le piccole aziende, dove il “grande capitale”, dopo aver privatizzato gli enti, si sostituisce allo stato come fornitore di servizi mettendo la gente in una condizione di precarietà, proponiamo:

- LEGGE SULLA PROPRIETÀ DEI LAVORATORI NELL’IMPRESA, per consentire l'accesso dei lavoratori alla proprietà dell'azienda per prendere parte alle decisioni.

- LEGGE SULLA SPECULAZIONE, per riportare i capitali nelle aziende invece di vederli finire nella speculazione.
 
- LEGGE PER IL REDDITO SOCIALE, per garantire a tutti coloro che sono stati espulsi dal mercato del lavoro o non riusciranno mai ad entrarvi, un livello di vita degno di tale nome.

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