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mercoledì 16 luglio 2014

VITALIZI AGLI EX-CONSIGLIERI DELLA REGIONE LAZIO: TUTTO RIMANE UGUALE



Ancora una volta non ce l’hanno fatta. La maggioranza dei consiglieri della regione Lazio non ce l’ha fatta a rinunciare ai vitalizi così come sono previsti, cioè a un assegno a vita al compimento dei 50 anni di età.
Non è bastato lo scandalo che ha coinvolto la giunta precedente e che ha costretto alle dimissioni Renata Polverini.
Non basta nemmeno la consapevolezza del fatto che ormai in Italia si contano 6 milioni di poveri, con un aumento del loro numero del 25% nel giro di un solo anno.
Che cosa deve succedere ancora per convincere politici ed ex-politici che certi privilegi non sono più giustificati? Probabilmente sono talmente dipendenti dal tenore di vita che sono riusciti a conquistare approdando al mondo della politica che ormai solo un serio programma di disintossicazione potrebbe riportare queste persone a quel minimo livello di lucidità che permetterebbe loro di rendersi finalmente conto della realtà che li circonda.
Solo per la regione Lazio si contano ben 267 ex-consiglieri che riceverebbero, raggiunta la “ragguardevole” età di 50 anni, una pensione talmente pesante da costare alle casse della regione, e quindi di tutti i cittadini laziali, ben 20 milioni di euro all’anno. In media quasi 75mila euro all’anno per ogni ex-consigliere, più di 6mila euro al mese, mentre milioni di “veri” pensionati devono aspettare, dopo una vita di lavoro, un’età ben maggiore per ricevere pensioni a dir poco ridicole.
Se solo si pensa che a fronte di tanti “comuni cittadini” che devono lavorare quarant’anni e più per andare in pensione ci sono alcune centinaia di privilegiati a cui basta aver scaldato un seggio al consiglio regionale per ricevere pensioni che al confronto possiamo ben definire “d’oro”, l’indignazione è inevitabile.  
La proposta a questo punto può essere solo una: non possono più decidere gli stessi consiglieri sul loro trattamento economico. Non sono in grado di prendere le giuste distanze dai propri interessi a favore del bene comune, così come dovrebbe essere normale per chi si occupa di politica.
A questo punto solo i cittadini, direttamente, hanno il diritto di decidere sui compensi e sugli eventuali vitalizi che dovrebbero ricevere coloro che gli stessi cittadini hanno eletto a loro rappresentanti. Da questo punto di vista tutti gli elettori sono, per coloro che dovrebbero rappresentarli, i legittimi datori di lavoro.

Oltre a guadagnarne le casse delle pubbliche istituzioni, ne guadagnerebbe anche la nostra democrazia. Perché non c’è democrazia se non c’è giustizia sociale e non c’è giustizia sociale se non c’è una reale democrazia. 

martedì 22 aprile 2014

IL FUTURO NON È A NUMERO CHIUSO




Il Partito Umanista solidarizza con le organizzazioni studentesche che a Roma stanno protestando contro il numero chiuso all’Università.

È dagli anni ’80 che gradualmente è in atto l’attacco al libero accesso allo studio nelle università, in piena contraddizione con l’articolo 34 della Costituzione italiana, secondo cui tutti “i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”.

Se, secondo logiche che nel corso degli anni si sono rivelate totalmente assurde, si fissa in anticipo il numero delle persone che può accedere agli studi universitari, ciò ha come risultato solo l’esclusione di migliaia di giovani che nel corso degli studi potrebbero rivelarsi “capaci e meritevoli” di laurearsi in ciò che desiderano.

Inoltre, in piena continuità con i governi precedenti, anche quello attuale, nuovo solo a parole, fa scendere la scure dei tagli sull’istruzione, tagliando il fondo di finanziamento ordinario per l’università.

Non ci sono vie diverse: se si vuole rispettare il libero accesso all’istruzione fino ai più alti gradi di studi, il numero chiuso va abolito e subito. Perché il futuro non aspetta.

 

Roma, 22 aprile 2014    

 

Partito Umanista Roma