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giovedì 18 aprile 2019
mercoledì 16 luglio 2014
VITALIZI AGLI EX-CONSIGLIERI DELLA REGIONE LAZIO: TUTTO RIMANE UGUALE
Ancora
una volta non ce l’hanno fatta. La maggioranza dei consiglieri della regione
Lazio non ce l’ha fatta a rinunciare ai vitalizi così come sono previsti, cioè a
un assegno a vita al compimento dei 50 anni di età.
Non
è bastato lo scandalo che ha coinvolto la giunta precedente e che ha costretto
alle dimissioni Renata Polverini.
Non
basta nemmeno la consapevolezza del fatto che ormai in Italia si contano 6
milioni di poveri, con un aumento del loro numero del 25% nel giro di un solo
anno.
Che
cosa deve succedere ancora per convincere politici ed ex-politici che certi
privilegi non sono più giustificati? Probabilmente sono talmente dipendenti dal
tenore di vita che sono riusciti a conquistare approdando al mondo della
politica che ormai solo un serio programma di disintossicazione potrebbe
riportare queste persone a quel minimo livello di lucidità che permetterebbe
loro di rendersi finalmente conto della realtà che li circonda.
Solo
per la regione Lazio si contano ben 267 ex-consiglieri che riceverebbero,
raggiunta la “ragguardevole” età di 50 anni, una pensione talmente pesante da
costare alle casse della regione, e quindi di tutti i cittadini laziali, ben 20
milioni di euro all’anno. In media quasi 75mila euro all’anno per ogni
ex-consigliere, più di 6mila euro al mese, mentre milioni di “veri” pensionati devono
aspettare, dopo una vita di lavoro, un’età ben maggiore per ricevere pensioni a
dir poco ridicole.
Se
solo si pensa che a fronte di tanti “comuni cittadini” che devono lavorare
quarant’anni e più per andare in pensione ci sono alcune centinaia di
privilegiati a cui basta aver scaldato un seggio al consiglio regionale per
ricevere pensioni che al confronto possiamo ben definire “d’oro”, l’indignazione
è inevitabile.
La
proposta a questo punto può essere solo una: non possono più decidere gli
stessi consiglieri sul loro trattamento economico. Non sono in grado di
prendere le giuste distanze dai propri interessi a favore del bene comune, così
come dovrebbe essere normale per chi si occupa di politica.
A
questo punto solo i cittadini, direttamente, hanno il diritto di decidere sui
compensi e sugli eventuali vitalizi che dovrebbero ricevere coloro che gli
stessi cittadini hanno eletto a loro rappresentanti. Da questo punto di vista
tutti gli elettori sono, per coloro che dovrebbero rappresentarli, i legittimi datori
di lavoro.
Oltre
a guadagnarne le casse delle pubbliche istituzioni, ne guadagnerebbe anche la
nostra democrazia. Perché non c’è democrazia se non c’è giustizia sociale e non
c’è giustizia sociale se non c’è una reale democrazia.
martedì 22 aprile 2014
IL FUTURO NON È A NUMERO CHIUSO
Il Partito Umanista solidarizza con le
organizzazioni studentesche che a Roma stanno protestando contro il numero
chiuso all’Università.
È dagli anni ’80 che gradualmente è in
atto l’attacco al libero accesso allo studio nelle università, in piena
contraddizione con l’articolo 34 della Costituzione italiana, secondo cui tutti
“i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere
i gradi più alti degli studi”.
Se, secondo logiche che nel corso degli
anni si sono rivelate totalmente assurde, si fissa in anticipo il numero delle
persone che può accedere agli studi universitari, ciò ha come risultato solo l’esclusione
di migliaia di giovani che nel corso degli studi potrebbero rivelarsi “capaci e
meritevoli” di laurearsi in ciò che desiderano.
Inoltre, in piena continuità con i
governi precedenti, anche quello attuale, nuovo solo a parole, fa scendere la
scure dei tagli sull’istruzione, tagliando il fondo di finanziamento ordinario per
l’università.
Non ci sono vie diverse: se si vuole
rispettare il libero accesso all’istruzione fino ai più alti gradi di studi, il
numero chiuso va abolito e subito. Perché il futuro non aspetta.
Roma, 22 aprile 2014
Partito Umanista
Roma
martedì 1 aprile 2014
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