Lo Stato nazionale, dopo aver abdicato alle altre funzioni
relative al benessere della popolazione (subordinate al risanamento del
bilancio, alla libera circolazione dei capitali, alla competitività delle
imprese e alla libertà di impresa), riduce il concetto di sicurezza a quello di
ordine pubblico, adottando misure repressive ed aumenti delle pene nei
confronti della delinquenza comune, mentre la grande delinquenza, la
criminalità organizzata, italiana e straniera, i grandi criminali continuano a
circolare liberamente e ad accumulare capitali, favoriti da un sistema
giurisdizionale che garantisce loro l’impunità.
Occorre innanzitutto “spostare” l’attenzione dalla micro
alla macro-criminalità e concentrare l’azione delle forze di polizia nei
confronti di quest’ultima. Per combattere seriamente la grande criminalità sono
inoltre necessarie misure che non attengono direttamente al campo dell’ordine
pubblico, ma sono funzionali alla prevenzione e all’individuazione dei reati:
- l’eliminazione del segreto bancario e dei paradisi fiscali
per contrastare il riciclaggio di denaro “sporco” proveniente dal traffico di
droga, dal commercio illegale di armi, ecc.;
- l’istituzione di banche municipali senza interessi (con
l’applicazione di un saggio minimo corrispondente alla pura copertura delle
spese di gestione) per combattere l’usura;
- la riforma del processo civile, del processo penale e
dell’ordinamento giudiziario che acceleri i tempi della giustizia e non lasci
impuniti i reati più gravi.
Rispetto alla microcriminalità, la repressione e l’aumento
della pena non sono certo idonei a ristabilire “l’ordine sociale”, se l’origine
della microcriminalità è legata all’aumento dell’emarginazione e
dell’esclusione sociale. Occorre dunque garantire a tutti gli inoccupati un
reddito sociale di base, unitamente ad un impegno globale al fine di ridurre ed
eliminare tutti i fattori, di qualsiasi natura, che possano determinare esclusione
sociale.
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